La biopsia prostatica Fusion

Diagnosticare la neoplasia prostatica non sempre è facile. Da una parte vogliamo diagnosticare le malattie aggressive, dall’altra parte non vogliamo sottoporre i pazienti a procedure diagnostiche inutili atte a trovare neoplasie prostatiche indolenti, non pericolose per la vita del paziente.

Fortunatamente abbiamo a disposizione una nuova tecnologia che ci permette di ottenere entrambi i risultati: la biopsia prostatica fusion.

Le attuali metodologie impiegate nella diagnosi delle neoplasie prostatiche non sono migliorate molto negli ultimi tre decenni. La tradizionale esplorazione rettale non è uno strumento di screening molto efficace; sondando con un dito si può accedere solo ad una parte della ghiandola, non potendo così percepire alcune neoplasie (soprattutto quelle localizzate anteriormente). Ed in alcuni casi il tumore deve crescere molto prima di essere sentito con l’esplorazione rettale e spesso la malattia è ad uno stadio avanzato.

L’esame del sangue del PSA (prostate specific antigen) spesso risulta aumentato in presenza di neoplasia prostatica. Ci sono però anche altre condizioni che possono elevare i livelli di PSA. E non c’è nessun livello-soglia di PSA che può essere considerato “normale”.

Persistenti valori di PSA elevato portano l’urologo a sospettare la presenza di una neoplasia prostatica, che può essere diagnosticata tramite una biopsia prostatica. Dal 1980 vengono eseguite biopsie random di tutta la ghiandola prostatica con una serie di aghi bioptici con un numero variabile di prelievi (12-24). Queste biopsie random possono mancare alcuni tumori aggressivi, diagnosticandone altri indolenti che verrebbero trattati inutilmente.

La risonanza magnetica della prostata è molto dettagliata nelle informazioni che fornisce nei tessuti molli, come la ghiandola prostatica. Non è possibile diagnosticare il cancro con la risonanza magnetica della prostata, ma possiamo sicuramente utilizzarla per identificare le aree sospette che meritano di essere sottoposte a biopsia.

Recentemente sono stati sviluppati dei software che “fondono” le scansioni di risonanza magnetica con le immagini ecografiche che si utilizzano durante l’esecuzione di una biopsia prostatica. Un paziente prima viene sottoposto a risonanza magnetica della prostata, che rileva le aree sospette per neoplasia. Successivamente in ambulatorio l’urologo utilizza una sonda ecografica trans rettale ed il software di fusione fornisce l’immagine ecografica sovrapposta a quella della risonanza magnetica. A questo punto è possibile effettuare biopsie esattamente nelle aree sospette rilevate dalla risonanza magnetica.